Difficoltà Di Relazione

Nei panni dell’altro per evitare le difficoltà di relazione

L’uomo è un essere sociale” e come tale ha senso di esistere solo se c’è un Altro che lo riconosce ed entra in relazione con lui.

Quando qualcosa nell’incontro non funziona, si parla di difficoltà di relazione.

In quest’ottica il problema non è mai di una sola persona ma nasce dentro alle dinamiche condivise: questo è il motivo per cui quando le cose non funzionano dentro ad una coppia (ma non solo) è importante prestare attenzione ai costrutti che guidano ogni singolo membro ma anche, e soprattutto, al loro modo di entrare in relazione.

Ciò  che si intreccia infatti non sono semplicemente le due persone in questione ma i valori, le idee, i bisogni e la storia di ciascun membro. Esponenzialmente le cose si complicano dentro ad un gruppo (come quello famigliare).

La relazione non può essere considerata solo come la somma delle persone coinvolte ma assume essa stessa un’identità e un valore terzo che supera la semplice addizione e diventa intersezione e influenza reciproca. Ogni persona che entra in relazione con un’altra, lo fa attraverso il proprio sistema di costrutti (credenze, valori, aspettative, esperienze) che, a volte, può scontrarsi con quello dell’ altro, generando incomprensione, rabbia e allontanamento.

Molte volte il problema sta invece nella modalità di comunicazione: usare toni di accusa, rimprovero e colpa non aiuta l’espressione delle proprie difficoltà come invece può fare la comunicazione del come ci si sente e del cosa ci si aspetta. Alcune delle terapie di coppia o famigliari hanno come obiettivo proprio quello di imparare a comunicare efficacemente ed esercitarsi a farlo per riuscire ad entrare in relazione in modo più utile e significativo.

Le relazioni possono diventare difficili anche per l’ incapacità di porvi fine.

Perché è così difficile interrompere una relazione pur nella consapevolezza che non ci faccia stare bene?

Se consideriamo quanto detto sopra, cioè che nella relazione mettiamo in gioco i nostri costrutti personali frutto di esperienze, idee e valori, è facile intuire che questi si intrecceranno con quelli dell’altra persona (per comodità prendiamo in considerazione il caso di una coppia). Quando le nostre linee guida ben si intersecano con quelle altrui tutto funziona: pensiamo, per esempio, al caso di una coppia in cui nessuno dei due desideri dei figli.

Quando al contrario, i costrutti sono in contrasto o inconciliabili, nasce il problema: nel caso di prima, cosa succederebbe se solo uno dei due volesse assolutamente avere un figlio e l’altro no?

Una delle possibili soluzioni potrebbe essere quella di interrompere la relazione ma a volte questa strada non è percorribile o, meglio ancora, non è così  immediata.  Questo succede perché per alcuni nostri costrutti che vanno in contrasto con quelli dell’altro, ce ne sono altri che invece ben si accordano.

La differenza la farà il grado di nuclearitá del costrutto in questione: quanto per me è  prioritario l’avere o non avere figli rispetto al vivere accanto ad una persona premurosa? Questa mia idea come si concilia con il desiderio di fare carriera? Come mi immagino la mia vita senza figli ma con accanto una persona che mi lascia libera di fare esperienze?

Ovviamente questi sono esempi ipotetici per semplificare la spiegazione del perché lasciarsi possa essere molto difficile. Esempi più efficaci ma anche più complessi, potrebbero riferirsi a quelle coppie in cui pur essendoci violenza, fisica ma anche psicologica, la relazione sembra imprescindibile.

Dipendenza affettiva: cos’è e come si può liberarsene?

Questa domanda vale un milione di euro e cercherò di sintetizzare il perché nelle prossime righe.

Per prima cosa quando parliamo di dipendenza ognuno di noi ha una sua idea di cosa essa significhi ma in linea generale possiamo pensarla secondo il meccanismo della droga: è qualcosa che so che mi fa male, che costa ma che in qualche modo mi fa sentire bene e per questo non riesco a non farne uso.

Il lavoro terapeutico si basa sulla comprensione del significato di “stare bene”, sulle dimensioni che esso prende in considerazione e quindi sul lavoro di revisione e di creazione di altri modi di stare bene o di soddisfare quel bisogno.

Perché si diventa dipendenti?

Per i motivi che accennavo sopra, ossia l’intreccio tra le caratteristiche delle persone coinvolte: un narcisista non troverà mai pane per i suoi denti in una persona determinata e ambiziosa ma lo troverà piuttosto in qualcuno di disponibile, gentile e premuroso.

Una persona indecisa si troverà incastrata in una relazione con una persona poco chiara e ambigua, una di quelle che non si capisce mai quanto siano sincere.

Chi tende a giocare un ruolo di aiuto e a presentarsi come una persona accogliente e disponibile nel momento del bisogno, faticherà a lasciare qualcuno che si trova in difficoltà anche se la relazione non funziona.

Una donna che subisce violenza avrà paura a lasciare un uomo che, per quanto la maltratti, la fa sentire “protetta” da tutte le sue insicurezze.

Potrei fare esempi all’infinito ma quello che conta è comprendere che la dipendenza esiste non solo perché c’è una “sostanza” ma soprattutto perché c’è un bisogno da soddisfare.

Come fare a disintossicarsi?

Tramite un lavoro terapeutico in cui le proprie difficoltà vengono comprese e trasformate in risorse piuttosto che limiti.

Dalla comprensione di come funzioniamo scaturiscono altre possibilità di essere e fare e la relazione terapeutica aiuta ad imparare a mettersi in gioco in modi più utili e favorevoli.

Ognuno di noi comunemente vive delle difficoltà di relazione a cui riesce a far fronte senza iniziare un percorso di terapia, tuttavia in alcuni casi queste difficoltà possono accentuarsi così tanto da incidere negativamente su tutta la qualità della vita e pesare sulla quotidianità.

In questo caso potrebbe essere utile rivolgersi ad uno psicologo, per prendere consapevolezza dei costrutti coinvolti e delle difficoltà che da essi derivano.