Molte terapie farmacologiche e non, mirano a ridurre o eliminare i sintomi senza tuttavia prendere in considerazione le cause più profonde di questa dinamica. Uso il termine “dinamica” poiché anche la fobia sociale, per quanto possa apparire scomoda e sgradita, in realtà è la scelta prioritaria della persona che la mette in atto, è la sua migliore possibilità in quel preciso momento, è l’unica strategia che, almeno per qualche aspetto, funziona! Per comprendere dunque il senso di questa paura folle, è necessario guardare alla sua utilità, al significato che ha per la persona, al senso che riesce a dare alle cose.
È difficile immaginare che una fobia così invalidante quotidianamente sia in realtà la miglior scelta possibile in quel momento, eppure se così non fosse, sarebbe semplice cambiare comportamento.
Per ogni persona che vive la fobia sociale, c’è un senso personale e specifico che è stato costruito attraverso le esperienze passate di interazione sociale. Allo stesso modo, per ogni persona esistono infinite altre possibilità ed alternative nel modo di vedere se stessi in relazione agli altri.
Spesso la fobia sociale, fa parte di quelle persone cresciute con un modello genitoriale forte, in cui il padre o la madre (o entrambi) sono impeccabili socialmente o hanno semplicemente dato molta importanza al giudizio altrui. In questo quadro, ad esempio, temere il giudizio negativo o avere il timore di sbagliare, assumerebbe un senso più comprensibile.
Secondo un’ottica costruttivista, lavorare sulle fobie non vuol dire correggere un atteggiamento “sbagliato” ma significa comprenderne il significato personale, prendere consapevolezza dell’origine e dell’utilità , ipotizzare ed agire nuovi modi di vedere se stessi e gli altri in interazione reciproca.
L’immagine di se stessi e l’idea che abbiamo degli altri, sono i due punti fondamentali su cui lavorare per cambiare prospettiva e vivere nuovi modi di mettersi in relazione, senza più timore di sbagliare o l’ansia di mostrarsi in difficoltà.